Wednesday, October 07, 2009

Da un bel libro che ho appena finito di leggere

Cari amici,

oggi desideravo condividere con voi le parole di Umberto Ambrosoli, figlio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, ucciso nel luglio del 1979 (qualche giorno prima che io nascessi) da un killer pagato da Michele Sindona, banchiere e figura di spicco della finanza italiana degli anni ’60 e ’70, sul cui collasso finanziario (e conseguenti accuse di bancarotta fraudolenta) Ambrosoli stava lavorando da anni.
Un “eroe borghese” lo definì Corrado Stajano nel suo libro del 1991.
Ucciso solo perché aveva fatto il suo dovere di cittadino e si era trovato di colpo “a fare politica …in nome dello Stato e non per un partito”.
Ucciso perché non si era lasciato corrompere, intimidire dalle minacce, fermare dai ricatti.
Ho avuto la fortuna quest’estate di conoscere di persona Gherardo Colombo, ex PM del pool di Milano, che oggi gira l’Italia parlando ai bambini, giovani, uomini e donne di legalità, giustizia, regole.
Questo venerdì a Rovigo ci sarà una conferenza con Gherardo Colombo, Giuliano Turone (ex PM e attore teatrale) e appunto il figlio di Ambrosoli, Umberto.
Per chi fosse nelle vicinanze di Rovigo, la possibilità di partecipare ad un evento un po’ diverso da uno spritz in piazza, una serata danzante o un film al cinema.
Per chi non potrà venire, consiglio la lettura del libro di Umberto “Qualunque cosa succeda” sulla storia del padre.

Alla prossima

Da “Qualunque cosa succeda”, Umberto Ambrosoli, Sironi editore, 2009.

In questo contesto, al di là delle collocazioni cronologiche Giorgio Ambrosoli, la sua storia, le sue scelte restano un monito – speranza o vergogna – contro l’elusione della regola, a scapito del bene comune e in favore dell’interesse particolare: che sia di una persona, di una categoria, di un gruppo o di un partito. Una sorpresa per gli scettici, convinti che, raggiunta una determinata posizione di “potere”, non possano darsi pratiche oneste e conformi al dovere. Uno sprone per i rassegnati che davanti alle illegalità diffuse a ogni livello pensano di poter solo dire “ questo è il sistema, cosa vuoi che possa farci io?”.
Una smentita per i cinici che abdicano alla propria responsabilità e rinunciano alla libertà in nome dell’adeguamento a un certo stile di potere, nella convinzione che non sia possibile desiderare altro e che tutti aspirino a fare come loro.
Invece il sorriso di mio padre dice che non è affatto scontato che tutti abbiano un prezzo di scambio. Non bisogna fare l’errore di pensarlo, perché c’è una parte del Paese, come già lui a suo tempo, che senza guerre sante, anche nella solitudine, sa essere libera, consapevole, coerente: qualunque cosa succeda.
“Non si comincia dal tetto a fare le case” ha dichiarato Silvio Novembre* nel 1995 “ bisogna fare anche il lavoro umile, che è quello che porta le basi. Molto probabilmente noi abbiamo posto soltanto un piccolo granellino che non è andato disperso. Noi abbiamo fatto qualcosa che ha rotto una certa consuetudine, un certo modo di pensare. E anche se è rimasto oscuro ai più, però le inchieste sono state fatte e portate a termine”.
E anche se in quel caso il sistema pareva onnipotente, invece ha vinto l’antisistema.


Senza la coscienza dei singoli che scelgono di rispettare le norme e con esse la convivenza civile, le leggi da sole non bastano a salvare una società.



* Ufficiale della Guardia di Finanza che collaborò con Ambrosoli nell’indagine sulla bancarotta delle Banche di Sindona

2 comments:

Maurizio Berengario Annibale Strollic said...

Ma Rovigo non esiste, come vuoi che facciamo!

Anonymous said...

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