Sunday, January 21, 2007

Un meeting di lavoro in terra zambiana

Una città italiana, 18 gennaio 2007.

Una giornata di lavoro qualsiasi

Ti svegli nel cuore della notte rivoltandoti. Non riesci a dormire. Oggi per te è un giorno speciale. Alle 5 sei già davanti al PC per ripassare lo speech e la presentation per i clienti.
Alle 6 doccia calda, poi rasatura e leggero gel sui capelli, ma non troppo, non è più di moda.
Apri l’armadio e ripassi la collezione di cravatte. Sobria o aggressiva? Sgargiante o funeral?
Colazione leggera, tanto noi hai fame, lo stomaco è chiuso e riesci a malapena ad ingurgitare una tazza di caffè.
Drinn Drinn, squilla il telefonino. Si capo, tutto a posto…. Si, ieri ho finito tardi in ufficio, un piccolo contrattempo con la Royal & Son….. No, tutto risolto….Grazie, crepi il lupo. Click.
Guardi il tuo orologio e speri che il traffico oggi non sia ai livelli di guardia.
Scendi le scale, tanto abiti al secondo piano e un po’ di esercizio non fa male. Ah, devo chiamare la palestra per dire che salterò l’allenamento di kick boxing.
La macchina è pulita, tanto con l’inquinamento che c’è in due giorni è già grigia.
I 20 km per andare al lavoro li percorri in 1 ora, ma oggi il traffico era scorrevole e le rotatorie hanno accelerato il tutto. Eh si, se i politici facessero più piste ciclabili, ma tanto chi le uso? Vecchi, sfigati e immigrati, che tanto si sa che nei loro paesi non hanno la macchina.
Arrivi al parcheggio dell’edificio. Poi scendi, si imbraccia la 24 ore, e con l’altra mano il cappotto. Telefonino in tasca, meglio se con l’auricolare per risposte veloci senza perdite di tempo. Look: impeccabile, abito scuro, cravatta, magari un po’ di griffe qua e là, gli occhiali Police o RayBan? La cintura sobria o patacca D&G?
Poi si guarda verso la porta di ingresso. Si scavalca la trincea dei “Buongiorno Dottore” e si schiaccia in automatico il bottone dell’ascensore.
I colleghi saranno già arrivati? Chi ci sarà? Saranno venuti tutti? Sto sudando? Speriamo che la segretaria abbia preparato bene i Power Point. E sa la pennina non funziona? Ho un back up della presentazione? Ma li convinceremo?
E’ il tuo momento, il primo meeting con i rappresentanti delle aziende pronti ad entrare in Joint Venture con la tua Company, per iniziare il progetto a cui ti hanno messo a capo da poco due mesi. Sarai pronto? Bussi alla porta di radica, entri con fiero cipiglio e…..sono tutti lì. Si inizia.


Chikuni, Zambia, 18 gennaio 2007.

Una giornata di lavoro qualsiasi

Mi sveglio alle 5. Maledetto gallo dei vicini, ma perché devi cercare vermi proprio sotto la mia finestra? Provando a non aprire gli occhi, arraffo i tappi per le orecchie che ho lasciato sul comodino ieri. Dove sono….ah eccoli.
Ore 6.30. La luce che entra dalla finestra è troppo forte. Mi sveglio. Guardo l’ora. Magari riesco anche a dormire un altro quarto d’ora. Infatti la sveglia mi ricorda, alle 6.45, che oggi è il grande giorno. Devo presentare il progetto, a cui la mia organizzazione mi ha messo a capo da poco più di due mesi, ad una ventina di Headmen dei villaggi vicino a Gwembe. Insomma, ai sindaci più o meno.
Mi alzo barcollando. Lo specchio lo evito, meglio più tardi. Per colazione pane e marmellata, yogurt, succo di frutta, magari un mango e una bella tazza di caffè italiano. La doccia? L’ho fatta ieri prima di andare a letto. Basta dell’ottimo deodorante. La barba? No, non è ancora troppo lunga. Magari mi sistemo un po’ i capelli. Il pettine è rimasto in Italia, forse nel fondo del barattolo c’è ancora un po’ di gel.
Apro l’armadio. Jeans puliti, ma la camicia? Quella guevarista? No, sembro un colonialista sfigato. Quella azzurrina stile impiegato delle poste? E’ a lavare. Quella patchwork fatta fare dalle donne del villaggio? Beh, forse il giallo fluorescente-viola è troppo da pugno nell’occhio. Andiamo per quella nera stile skater americano.
Aspetto Eusebia, la donna di servizio, per dirle cosa fare per pranzo.
Alle 7.30 arriva anche Mr.Daka, il padrone della Yellow House (il pub!), perché devo dargli un passaggio, visto che la sua moto è rotta. Gli offro un caffè e chiacchieriamo di letteratura zambiana.
Personaggio Mr.Daka: padrone del pub e consulente del ministero dell’agricoltura, aveva studiato per diventare gesuita, sa il latino e il francese ed il suo filosofo preferito è Kant, insieme a Platone.
Guardo l’ora. Sono le 8 meno dieci. Ottimo l’appuntamento è alle 8…in un villaggio a 40 minuti di macchina.
Alle 8 sono a prendere Jester in ufficio. Alle 8.30 siamo a Lukonde, dove ci aspetta Wilson, l’altro dipendente.
Il giorno prima gli avevo chiesto a che ora aveva fissato il meeting. Alle 8, mi aveva risposto. Alle 8?? Ma Wilson, alle 8 io sono a Gwembe e non arriverò prima di mezz’ora a Lukonde, sempre che la strada non sia allagata dalle piogge. Mi fai svegliare prima così…
Non si preoccupi boss, mi aveva rassicurato. Tanto le 8 è un orario ipotetico, vedrà che non arriva nessuno prima della 9. Ho detto le 8 così “non perdiamo troppo tempo per i ritardi” (sic!).
Ottimo, avevo pensato, pianificare l’orario di un meeting in anticipo. La differenza tra orario reale e orario virtuale. Furbo il ragazzo.
Wilson prende tre sedie di legno da casa sua (è proprio sulla strada) e le carica in macchina. Sulla Land Cruiser salgono altre due persone, presumibilmente due dell’incontro, penso. No, scendono poco dopo e si incamminano lungo la strada.
Facciamo un km e parcheggio vicino ad una stradina. Wilson mi indica un grande albero, un’acacia, in uno spiazzo. Il luogo del meeting, deduco.
Prendiamo le sedie. Sotto l’albero ci sono “già” 3-4 uomini. L’età è indefinita, come sempre in Africa, ma non ragazzi di primo pelo.
Mabwuga Buti? Kabotu. Come va? Bene. Si stringono mani e si fanno sorrisi ai presenti. Dopo 2 minuti ecco spuntarne un altro, poi dalla casa vicino esce un signore anziano ed ecco arrivare un uomo con la maglietta di Jordan e uno senza scarpe e una camicia sgargiante. Poi arriva un altro vecchio che mi si avvicina e mi fa l’inchino. Tutti mi salutano e vengono salutati. C’è quello che si siede subito e quello che saluta da lontano. Quello con le ciabatte di plastica gialle e rotte e quello con gli stivaletti da montagna. Ma dove li avrà presi?
Si siedono a semicerchio sulle radici dell’albero. Non siamo davanti a loro.
Wilson mi dice se va bene iniziare. Sono meno di una decina. Speravo in un’affluenza maggiore.
Mi porge il programma dell’incontro. Su un foglietto a penna c’è scritto:

1) Pray

2) Introducing the people attending the meeting

3) Introducing the Organization

4) Greets of the Coordinator

5) Questions

6) Pray

Wilson chiede ad un uomo di dire una preghiera. Rispettoso abbasso la testa e ascolto le brevi frasi in Tonga. Amen.
Wilson si rivolge agli uomini e gli chiede di presentarsi. Uno alla volta, a partire da sinistra si alzano in piedi e raccontano chi sono e che ruolo hanno all’interno delle comunità o villaggo da cui provengono. Wilson mi traduce nomi e luoghi e a braccia mi dice: Ba (la forma di cortesia e rispetto per chiamare uomini e donne) John Munyumbwe è il vice Headman del villaggio di…. che sta dietro quelle colline laggiù. Io annuisco e sorrido, cercando di dissimulare la mia aria di bianco un po’ spaesato.
Poi Jester, unica donna del meeting, inizia a parlare del nostro progetto, chi siamo, come funziona, etc. Si presenta e presenta me e Wilson. Parla più di mezz’ora, c’è silenzio. Gli uomini la guardano attenti. Nessuno interrompe.
Non ha fogli o lavagne, tanto meno Power Point o penne laser per indicare lo schermo. Guarda negli occhi i convenuti. E’ decisa. Gli parla del CeLIM, gli racconta un po’ la storia dell’organizzazione, del progetto, quanti beneficiari saranno coinvolti, l’ammontare dei primi prestiti, la percentuale di interesse mensile. E qui Jester fa la sua domanda. Se al primo prestito vengono dati 300000K da restituire come tempo minimo in 4 mesi, se l’interesse è 5% mensile, quanto è la quota che si dovrà restituire in 4 mesi? 5% di 300000K x 4= 360000K.

C’è chi lo dice subito, chi chiede al vicino, chi non dice niente ma prende appunti. Chi forse non ha capito.
Intanto continuano ad arrivare altri uomini. Uno è in giacca e cravatta, qualcuno scalzo e con abiti strappati. Chi cammina a fatica, ma tutti vengono a salutarmi, discretamente per non interrompere.
Jester finisce di parlare. Wilson allora chiede agli uomini che sono arrivati dopo l’inizio(in ritardo sarebbe improprio), di presentarsi, sono in totale 26.
Poi si passa alle domande: se in un villaggio non ci sono donne interessate al prestito, si può fare solo agli uomini? Posso formare un gruppo con i miei figli e mia moglie? E se non pago in tempo cosa succede?
Con mio grande piacere tutti concordano sull’efficacia del prestito di gruppo. Come sapete, e se non lo sapete ve lo dico ora, noi prestiamo a singoli individui ma che devono essere parte di un gruppo dalle 3 alle 6 persone. Ognuno gestisce i sodi personalmente per il suo business ma il gruppo si auto-seleziona ed è sempre il gruppo intero responsabile dei ritardi nei pagamenti e può arrivare anche ad escludere uno dal gruppo per gravi motivi.
E’ presente anche un pastore di qualche chiesa locale che sottolinea l’importanza del gruppo per la comunità, meglio che dare soldi ai singoli individui e lasciarli soli, dice.
Il silenzio è quello che colpisce, poche battute a cui si sorride insieme, le domande ci sono ma discrete, uno alla volta.
Dopo le domande Jester si rivolge a me e mi chiede di dire qualcosa.

Ogni volta che arriva questo momento spero sempre di non cadere nelle banalità, nelle frasi fatte. Dirò qualcosa che magari li offende, sarò troppo breve, che messaggi posso lasciarli per il futuro?
Di solito inizio sempre con un ringraziamento. Sono abituato che la genti mi ringrazi. Grazie per essere qui, per fare questo per lo Zambia. Allora io provo a “girare” il ringraziamento. E’ il bianco a ringraziare il nero per essere qui. Grazie per accettarmi nel vostro paese. Grazie per voler collaborare con noi. Sparo subito le mie due parole in tonga, che servono sempre per stemperare la tensione (la mia) e hanno come reazione una sonora risata di tutti. Provo a raccontargli che la parola cooperazione prevede un movimento di due parti che si muovono/lavorano assieme, una verso l’altra. Perché immaginare solo che l’Italia aiuta lo Zambia a svilupparsi? E noi? Siamo una società sviluppata nell’inquinare, nell’individualismo, nello spreco, nel dominio dell’inutile e il superfluo. Mi domandano sempre se non soffro di solitudine a Chikuni. In fondo sei solo. Solo? Come si fa ad essere soli in un villaggio africano? Ora che ho anche recuperato un vecchio campanello da bici, non ho nemmeno più la scusa di non sentire la gente al cancello (qui nessuno urla, è segno di grande maleducazione, quindi al massimo prima scuotevano un po’ la catena).
Mi sentirei più solo e più “numero” in una metropoli da 3 milioni di abitanti.
E che bello un incontro sotto un albero, durante la stagione delle piogge, che si scioglie dopo una preghiera e si rimane un po’ a chiacchierare di come trovo lo Zambia, ma è un prete? E’ sposato? No, e perché? Non ha figli? Dove abita? Ma tornerà vero? Mi serve un cestino per l’ufficio, sa dove posso trovarlo? Se mi dice le misure lo faccio fare da un’amica di mia moglie? Allora chiediamo a Wilson per il prossimo incontro?
Poi ci fermiamo a casa di Wilson per una breve colazione, io gioco con suo figlio e mangio delle ottime arachidi tostate. Invece del brunch o della coda alla macchinetta del finto caffè, solo un’aia e due sgabelli scrostati.

Lungo la strada per l’ufficio, 25 kilometri di saliscendi di sterrato, diamo un passaggio ad alcuni uomini presenti al meeting. C’è chi viene da 15-20 km di distanza ed è partito alle 6.

E ora ragazzi, si fa il report? Dai, forza, che oggi pomeriggio abbiamo un altro di meeting.

Sunday, January 14, 2007

Lavoro e ancora lavoro

ciao ragazzi,

qui è tutto ok. Sto lavorando molto ed è per questo che mi faccio poco vedere.
Sono preso con la chiusura cassa di fine anno (non mi mancano soldi e non ne ho in più, ottimo) e le prime donne che vengono a chiedere notizie per i prestiti all'ufficio.
Sono diviso da incontri in villaggio con 15 donne che parlano Tonga, quindi io sorrido e tento di intuire, ma con scarsissimi risultati, poi uffici governativi, tra cui uno dove il responsabile è anche il padrone del pub di Chikuni (ce ne sono due, ma uno è tipo bettola e ci sono molti ubriaconi...magari una volta ci vado), poi continuano le mie peripezie per aprire un conto in banca, con il mager che sembra una controfigura di uno zombie o di Learch della famiglia Addams e per aprire un conto in banca qui ci vogliono delle garanzie. Quindi voleva una marea di carte e mi ha fatto aspettare 2 settimane. Immaginate che in Italia arrivi un cliente che deve depositare 50000 dollari in un conto come prima tranche, voi cosa fareste?????
Così ho avuto la conferma che il mio progetto ha un senso, visto che dando soldi a persone che non offrono garanzie finanziarie, immaginarsi che storie farebbero a loro.
In effetti qui per aprire un conto in banca ci vuole una lettera di presentazione!!
Immaginate: qualcuno che ha già un conto in quella banca vi raccomanda alla banca stessa, per dimostrare che siete una persona affidabile...no go paroe...
comunque è iniziata la stagione delle piogge e il giardino in poco tempo si è inondato e cresce l'erba a vista d'occhio, il mio mango fa dei frutti enormi e succosi, e la buganville dietro casa è enorme, tanto che sto pensando di trasferire l'amaca e fare un angolo tipo "Laguna blu", peccato che il mio giardiniere, Spoon, abbai già ucciso 3 serpenti, ma di giorno non se ne vedono.
In africa c'è una strana teoria: se sei ammalato hai la malaria, non importa i sintomi o cosa, hai la malaria. Quindi se si uccide un serpente, è al 90% un cobra.
Ma quanti dannati cobra ci saranno in Zambia??
Ok ragazzi, ora scappo.
La cena mi aspetta.
Ci sentiamo presto